Modena -

Trattato di Armonia di A.Shoemberg
(Prefazione alla prima edizione)

Questo libro l'ho imparato dai miei allievi. Quando insegnavo, non cercavo mai di dire all'allievo solo quello che sapevo, ma semmai quello che lui non sapeva. E tuttavia neppure questa era la cosa principale, anche se mi costringeva a trovare per ogni allievo qualcosa di nuovo: ma mi sforzavo soprattutto di mostrargli l'essenza delle cose alla radice. Perciò non osservavo mai quelle rigide regole che tendono i loro lacci intorno alle menti dei giovani, e tutto si risolveva in indicazioni o suggerimenti che non vincolavano l'allievo così come non vincolavano il maestro. Se poi l'allievo poteva fare anco meglio senza di esse, ne faceva a meno.

Ma il maestro deve avere il coraggio di compromettersi, non deve mostrarsi come un individuo infallibile che sa tutto e non sbaglia mai, ma come l'instancabile che è sempre alla ricerca e qualche volta riesce anche a trovare qualcosa. Che bisogno v'e' di voler sembrare un semidio, anziche' un uomo in tutta la sua interezza? Non ho mai dato a intendere ai miei allievi di essere infallibile (il che e' necessario solo per un «professore di canto»), anzi ho spesso rischiato di dire cose che poi ho dovuto ritrattare, di dare suggerimenti che, una volta applicati, si sono rivelati sbagliati e ho dovuto correggere: i miei errori forse non hanno giovato, ma non hanno certo nemmeno nuociuto all'allievo, mentre il fatto che io li riconoscevo apertamente gli ha forse dato da pensare.

D'altra parte l'errore, nel momento in cui si rivelava come tale, mi stimolava a ricontrollare e a formular meglio cio' che prima si era dimostrato mal posto e senza fondamento. E nato così questo libro. Gli errori che i miei allievi commettevano a causa di mie indicazioni insufficienti o sbagliate mi hanno insegnato a dare indicazioni esatte, mentre le soluzioni giuste hanno confermato l'esattezza del mio metodo, senza per questo indurmi all'eresia di credere di aver realmente risolto il problema. Penso che tale metodo sia stato utile per i miei allievi e per me.

Se avessi loro detto solo quello che so, ora saprebbero quello e nient'altro. Può darsi che sappiano ancora meno, ma sanno di certo qual è la cosa che veramente conta: la ricerca. Spero che i miei allievi continueranno questa ricerca, perché sapranno che non si finisce mai di cercare; se lo scopo ultimo può essere di trovare qualcosa, esso può anche facilmente significare la fine di ogni sincera aspirazione.La nostra epoca cerca molto, ma finora ha trovato soprattutto il comfort; e il comfort si espande in tutta la sua ampiezza anche nel mondo delle idee, rendendoci tutto più facile di quanto sia mai accaduto. Oggi più che mai l'uomo sa rendersi comoda la vita, e si risolvono dei problemi per eliminare le scomodità.

Ma come li si risolvono? Già il fatto che si creda di averli risolti dimostra, con la massima chiarezza, che presupposto della comodità è la superficialità. E' molto facile avere una Weltanshaung quando si contempla solo ciò che fa comodo senza degnare di uno sguardo tutto il testo. Mentre il resto è quello che conta sul serio. A rendersene conto si vedrebbe che queste Weltanshaungen sembrano fatte su misura per i loro paladini, ma che gli elementi che le costituiscono hanno origine essenzialmente nello sforzo di discolparsi.

E' curioso che gli uomini del nostro tempo, creatori di nuove leggi morali (o meglio rovesciatori di leggi antiche) non possano vivere con la colpa! Ma il comfort non pensa certo ad autodisciplinarli, e cosi' la colpa viene ricacciata oppure elevata a virtù: in questo, a saper ben guardare, esprime il riconoscimento della colpa in quanto tale. Mentre il pensatore che ricerca fa il contrario, mostra che esistono dei problemi insoluti, mostra, come Strindberg, che «la vita rende tutto orribile», o, come Maeterlinck, che «tre quarti dei nostri fratelli sono condannati alla miseria», o agisce insomma come Weininger e tutti quegli altri che hanno saputo lavorare seriamente di cervello. La Weltanshaung del comfort! Muoversi il meno possibile, non scuotere; chi ama tanto il comfort non cercherà mai là dove non v'e' la sicurezza di trovare qualcosa.V'è un giuoco di pazienza in cui bisogna infilare l'una nell'altra tre cannucce di metallo di differente diametro che si trovano in una scatola chiusa con un coperchio di vetro. Si può tentare di risolvere il giuoco con metodo, e ci vuole di solito moltissimo tempo; ma è possibile risolverlo anche diversamente, scuotendo cioè il tutto a piacimento finché il giuoco è fatto.

E allora, si tratterà di un caso? Sembra un caso, ma io non ci credo: perché questo «caso» è guidato da un'idea precisa, dall'idea che il moto è in grado di provocare da solo ciò che non è possibile o provocare con la riflessione. E non è lo stesso per l'allievo? Cosa ottiene il maestro col metodo? Tutt'al più, se è fortunato, ottiene il moto; ma può anche andargli male e allora ottiene la paralisi completa. Solo il moto è fecondo. Perché dunque non si comincia subito con esso? ma il Comfort allora dove va a finirei? Perché il comfort sfugge ogni moto, senza con questo iniziare la ricerca. Bisogna fare una scelta tra queste due possibilità; e poco importa che si parta dal moto per giungere alla ricerca o viceversa: perché solo il moto produce ciò che potremmo davvero chiamare «educazione» (Bildung), istruzione completa, insomma cultura. L'insegnante che non si appassiona perché dice solo «quello che sa», pretende troppo poco anche dai suoi allievi. Bisogna che il moto parta da lui stesso e la sua inquietudine deve comunicarsi agli allievi: allora anch'essi cercheranno come cerca lui, ed egli non sarà solo veicolo di cultura; e questo è bene.

Oggi «cultura» significa infatti sapere di tutto un po' senza comprendere nulla di nulla. Ma il significato vero di questa bella parola è diverso e dovrebbe essere sostituito dal momento che il termine «cultura» oggi designa un fenomeno spregevole con «educazione» o «istruzione». Ecco divenir chiaro, allora, che il primo dovere dell'insegnante è di scuotere ben bene l'allievo. E quando il tumulto che ne nasce si sarà sedato, tutto allora sarà probabilmente andato al suo giusto posto. Oppure non ci andrà mai. Il moto che in questa maniera nasce dall'insegnante tornerà nuovamente a lui; e anche in tal senso posso dire di aver appreso questo libro dai miei allievi.

Devo approfittare dell'occasione per ringraziarli. Vi sono poi persone che debbo ringraziare per altri motivi, e sono coloro che mi hanno sorretto nel lavoro rileggendo le bozze di stampa, dando pareri favorevoli che mi confortavano oppure criticando il mio lavoro e infondendomi così insieme all'energia la capacità di notare gli errori commessi: Alban Berg, che ha compilato l'indice, il dott. Karl Horwitz, il dott. Heinrich Jalowetz, Karl Linke, il dott. Robert Neumann, Josef Polnauer, Erwin Stein e il dott. Anton von Weber. Di alcuni di questi risentiremo presto il nome; e in occasioni ben piu' importanti. Cosi' anche questo moto finira' forse col ritornare a me.

(Vienna, Luglio 1911)

Arnold Schoemberg

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